Premessa
La famiglia è da considerarsi come un mondo sociale “per l’importanza che la cultura familiare, le relazioni che in essa si svolgono, i significati delle azioni quotidiane, ricoprono nell’infanzia e, spesso, per l’intera vita del’individuo” (Molinari, L. Psicologia dello sviluppo sociale, il Mulino, Bologna, 2002, pp. 101).
A partire dal 19° secolo, in psicologia, ci si comincia ad interrogare circa il presunto legame esistente tra individuo e contesto socio - culturale, e su come tale legame potesse incidere sulla vita e sullo sviluppo cognitivo dell’individuo stesso. Fino ad allora, infatti, gli specialisti delle materie psicologiche si erano dedicati allo studio della mente, prescindendo dalle influenze che il contesto sociale e culturale potessero avere sul soggetto e sul suo sviluppo: un approccio tipico in questo senso è quello piagetiano. Piaget infatti, dedica buona parte dei suoi studi al problema dello sviluppo cognitivo, trascurando però l’influsso che le coordinate socio – culturali potessero avere nel determinarne gli effetti.
Di conseguenza, gli studi si effettuavano in un contesto asettico e ovattato, quale il laboratorio, dove i soggetti venivano rigorosamente isolati rispetto al contesto in cui si trovavano “immersi” durante la loro quotidianità, senza che ascendenti di tipo socio- culturali potessero in alcun modo essere tenuti presenti.
Sulla medesima scia si muoveva anche la psicologia dell’educazione, che riceve per questo l’ appellativo di “prima psicologia dell’ educazione”. Essa infatti a differenza della “seconda psicologia dell’ educazione”(che segue alla prima) nei suoi studi non si preoccupa affatto delle influenze dei fattori socio – culturali sullo sviluppo cognitivo dell’ individuo.
La “prima psicologia dell’ educazione” infatti, seppur coinvolta nello studio dell’apprendimento e dell’insegnamento, mostra grandi difficoltà nel prendere coscienza della rilevanza sociale delle conoscenze trasmesse agli alunni.
Essa imposta per tanto i suoi studi, sui meccanismi generali dell’ apprendimento, definendo quest’ ultimo come una mera acquisizione di conoscenze da parte del soggetto , e compiendo in questo modo l’errore di concepirlo come regolato da leggi generali ed immutabili della natura umana, che si immaginavano operanti nell’individuo al di là di quelle che possono essere le variabili socio-culturali che lo “circondano” .
Ciò implica sostenere, che ad un certo livello di astrazione tutti gli uomini sono uguali e che le cause di un certo sviluppo del soggetto sono adducibili a leggi operanti interamente all’individuo stesso; le condizioni sociali insomma, non sono considerate come “componente ineliminabile” nello studio dei processi di apprendimento. E’ solo intorno al 1930 che la psicologia dell’educazione (la “seconda psicologia dell’ educazione”) comincia ad ispirarsi a concettualizzazioni socio psicologiche, prendendo così coscienza dell’importanza delle variabili sociali e culturali come determinanti di condotte, si sviluppa così la Volkerpsychologie (psicologia dei popoli) ed in Russia, negli anni successivi al 1918 si diffondono importanti contributi teorici ad opera di un celebre autore Vygotskij [Carugati, Selleri, 2001]. Lo sviluppo, l’apprendimento, cominciano ad essere reputati come il frutto di costruzioni storico-culturali, non più quindi, come processi che si concretizzano in maniera disgiunta nei vari attori, ma come sottesi dalle dinamiche sociali e culturali. L’approccio della psicologia russa, può essere definito parte integrante della “seconda psicologia dell’educazione”, ponendosi come obiettivo lo studio della mente umana in funzione delle attività quotidiane e delle caratteristiche culturali nelle quali l’individuo è calato, tant’è vero che Vygotskij circa lo sviluppo dei processi psicologici umani, attesta: “Essi devono essere studiati attraverso le attività pratiche della vita quotidiana, attività che sono mediate dalla cultura e che si sviluppano nel corso delle trasformazioni della cultura stessa, nel suo sviluppo storico” ( 2001, p.48). Egli vuole sottolineare che, è durante le attività della vita quotidiana, che si sviluppano le funzioni psicologiche, le quali emergono nel soggetto, con lo scopo di regolare le sue interazioni con il mondo che lo circonda, quindi con gli oggetti materiali e con gli altri individui, ed è la cultura lo strumento principale che spinge il soggetto verso lo sviluppo cognitivo.
Finalità, Modalità e tempi
Gli incontri di formazione saranno condotti dal prof. Antonio Iannaccone e dalla dott.ssa Monica Mollo, coadiuvati dalla docente Anna Guarracino. Gli incontri avranno lo scopo di presentare alle famiglie le principali teorie e ricerca sullo sviluppo del bambino cerando di creare un “ponte” che sia da collegamento tra il mondo della famiglia e quello della scuola.
Organizzazione degli incontri di Formazione
Ogni incontro (escluso il primo, il quinto e l’ultimo) prevederà una prima fase teorica ed una seconda fase applicativa dove saranno presentate alcune ricerche condotte sullo sviluppo del bambino, sulla relazione tra la famiglia e la scuola ed esercitazioni in gruppo.
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